Meditazione

 

     
   

Perché meditare?
L’uomo occidentale moderno vive continuamente proiettato all’esterno di sé, in continuo affanno alla ricerca del piacere, conducendo vite al limite dello stress, e spesso ricorre ad usi massicci di psicofarmaci per potersi permettere un minimo di stabile equilibrio.

La cultura dominante lo spinge a non ascoltare quella voce interiore che spesso va in direzione opposta a quelle che sono poi le sue azioni. L’occidente è stato la culla della ricerca scientifica, dove la ragione, l’intelletto, il guardare fuori e lontano, sono state le principali forze che hanno spinto questo mondo a raggiungere traguardi molto importanti; basti pensare a tutta la tecnologia di cui oggi disponiamo, alle continue e meravigliose scoperte che il mondo scientifico continuamente ci rende partecipi, per capire che tutto qui è frutto di un paradigma che da Cartesio in poi ha tracciato la via dell'esplorazione volta all'esterno.

Ma siete sicuri che qualcosa non manchi in questo bellissimo mosaico?? Avvertite che nonostante questi progressi l’uomo, porta ancora con se degli interrogativi, e dei bisogni che non saranno certo l’ultimo telefonino ultratecnologico, o l’ultimo modello di auto che possono renderlo felice? Io vi invito a riportare l’attenzione su di voi e sul vostro centro interno… E’ lì la vostra dimora e il luogo dove le paure svaniscono e la quiete prende il sopravvento, è lì il rifugio per i momenti di crisi, per ritrovare l’equilibrio, per recuperare l’orientamento.

“Siate un’isola per voi stessi” diceva il Buddha. E’ arrivato il momento per attingere al grande patrimonio orientale, che va in questa direzione: l’interno. E’ ora di sintetizzare le esperienze di trascendenza orientale fonderle e armonizzarle nel nostra realtà. E’ estremamente utile oggi fondere la sapienza orientale alla tecnica occidentale. Proprio dall’incontro, e dalla fusione di queste due culture che può nascere il meglio della civiltà umana. Molto brevemente cercherò di illustrare alcuni metodi.

Premetto che l’approccio a queste tecniche deve essere interpretato e adattato alla mentalità occidentale moderna.

Tradizionalmente i momenti più adatti alla meditazione sono l’alba, il tramonto, il mezzogiorno e la mezzanotte. La scelta dipenderà da preferenze personali, ognuno troverà il momento o i momenti più adatti in base alla propria esperienza e alla propria disponibilità di tempo. L’importante è mantenere una regola individuale e seguirla.

Meditazione Vipassana (Buddhista)
una delle due principali forme della meditazione buddhista, detta anche meditazione di visione penetrativa (in inglese insight meditation). A differenza della meditazione samatha, questa forma di meditazione non è finalizzata al raggiungimento di stati di assorbimento meditativo e non ha un carattere astrattivo. Al contrario, la meditazione vipassana intende sviluppare la massima consapevolezza di tutti gli stimoli sensoriali e mentali, affinché se ne colga la reale natura e ci si incammini per tale via verso la liberazione. Il corpo e la mente sono il campo nel quale è possibile scoprire, con una visione attenta, la verità del mondo fenomenico e quella che porta alla sua estinzione.

La tecnica della meditazione vipassana è insegnata dal Buddha nel Discorso sui fondamenti della presenza mentale (Satipatthanasutta), e prevede i seguenti momenti:
Contemplazione del corpo
Consapevolezza del respiro
Consapevolezza delle posizioni del corpo
Consapevolezza delle azioni del corpo
Consapevolezza delle parti del corpo
Consapevolezza degli elementi
Nove contemplazioni del cimitero
Contemplazione delle sensazioni
Contemplazione della mente
Contemplazione degli oggetti mentali
In riferimento ai cinque ostacoli (desiderio sessuale, malizia, indolenza, ansia e dubbio)
In riferimento ai cinque aggregati dell'appropriazione (aggregato della materia, delle sensazioni, delle formazioni mentali, delle forze istintive e della coscienza)
In riferimento alla sei basi interne e alle sei basi esterne dei sensi (occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente, e le realtà esterne corrispondenti)
In riferimento ai sette fattori del risveglio (presenza mentale, investigazione dei fenomeni, risveglio dell'energia, gioia, serenità, concentrazione ed equanimità).

La consapevolezza di sé e del proprio corpo non dev'essere limitata al momento della giornata riservato alla pratica. In qualunque momento della sua giornata, colui che pratica questa forma di meditazione deve sforzarsi di essere consapevole di quel che sta facendo, delle sensazioni che prova e della propria attività mentale. Questa forma di meditazione si è rivelata più adatta della meditazione samatha per la diffusione presso i laici, perché non ha bisogno della quiete di un monastero né di tempi di pratica particolarmente intensi per raggiungere risultati soddisfacenti. Per queste sue caratteristiche, ha raggiunto una apprezzabile diffusione anche in Occidente. Si fà tuttavia presente come il Buddha indicasse in una sinergia tra queste pratiche un cammino credibile in quanto la tecnica della Vipassana senza un preventivo esercizio di concentrazione - Samatha - risulta futile, e pericoloso, quanto andare in battaglia con una spada non affilata.

Tra coloro che in tempi recenti hanno fatto progredire la tecnica della meditazione vipassana, occorre ricordare il monaco Mahasi Sayadaw (1904-1982) ed il laico U Ba Khin (1899-1971), entrambi birmani.

Meditazione di disidentificazione (tradizione Vedanta)

Questo tipo di meditazione, tratto dalla tradizione del Vedanta, parte come metodo discorsivo-riflessivo, per poi diventare una tednica che punta all'essenziale. Può essere usata ancora nei primi momenti, quando ancora i pensieri si affacciano alla mente, ma con lo scopo di isolare e identificare quello stato imperturbabile, quel centro di pura consapevolezza che nelle Upanisad viene chiamato Atman. Questa forma di meditazione vuole in sostanza guarirci da tutta quella forma di condizionamenti che la vita in qualche modo ci coinvolge, facendoci perdere di vista quello che realmente è autentico. Il motivo è che il mondo, la cultura, la società, ci attribuiscono ruoli che non sono veri, pure convenzioni, semplici vestiti che ci mettiamo addosso; e noi cresciamo convinti che questi vestiti, queste apparenze siano in fondo la nostra vera identità... ma tutto questo sappiamo che è destinato a svanire appena la realtà irrompe con il fluire dei cambiamenti, spazzando via ciò che non è profondamente radicato.La cura consiste nell'immersione nella profondità del nostro essere, alla ricerca delle radici e di questi fondamenti.

In sintesi si tratta di un'esercizio di spoliazione, dobbiamo togliere uno ad uno i veli che ricoprono il centro che corrisponde alla nostra vera autenticità. Tale processo di espoliazione viene effettuato con la ricerca, con la scoperta e con la reiterata verifica - sia nella seduta meditativa sia nelle circostanze della vita - di quel nucleo profondo che non è toccato nè da ruoli arificiali, nè da attaccamenti sociali, nè da legami emotivi, e resta imperturbabil al di là e al disotto di tutte le maschere che gli abbiamo sofrapposto. " Nè questo, nè quello (neti-neti)" dice la Upanisad, indicando il metodo di espoliazione: io non sono questo e non sono quello; io non sono il dott. tal dei tali, io non sono il disoccupato; io non sono il padre di famiglia, io non sono il figlio, io non sono il marito; io non sono la moglie; io non sono vecchio, io non sono giovane... La meditazione nasce quindi come uno scavare in profondità, come togliere il superfluo fino ad arrivare al nucleo immutabile di pura consapevolezza. Posso mettere a tacere i miei sensi, e tuttavia sentirmi ancora io; posso mettere a tacere anche la mente e tuttavia ancora "essere".

La meditazione ha dunque tre livelli: nel primo - quello riflessivo - ci si spoglia dei ruoli sociali, della nostra cultura, di quello che ci è stato tramandato dal passato: i genitori, l'ambiente, l'educazione, la religione ecc.. Nel secondo ci si disidentifica dal corpo e dalla mente. Nel terzo livello si giunge a capire che non siamo il corpo perchè siamo consapevoli di quel corpo e che non siamo la mente perchè siamo consapevoli di quella mente. Siamo dunque "questa" consapevolezza. Come dice la Bhagavad-Gita riferendosi a tale nucleo di consapevolezza, "esso risplende in tutti i sensi, ma non si identifica con nessuno; è il sostegno di ogni cosa, ma ne rimane distaccato; e, pur sperimentando le diverse qualità della natura (guna), ne rimane separato". Nella sua fase finale, questa meditazione vedantica consiste - dopo ogni possibile disidentificazione - nel puntare sull'Atman, sulla Sorgente, nel farla rilucere sempre di più vividamente dentro di sè, nel fondersi con essa, e nel gustare la beatitudine che si sprigiona dalla sua corrente di consapevolezza. Il meditante, spogliandosi di tutto, anche del proprio ego, prova un senso di liberazione che è simile a quello di chi si è sbarazzato di una paura che lo ha vincolato per tutta la vita: la paura che la perdita dell'ego significasse l'annullamento. Così non è; anzi, questa perdita è percepita come un grande sollievo, una grande felicità. Perchè è la costatazione sperimentale che l'essere può sopravvivere dopo la distruzione del corpo e della mente.

C'è un puro spettatore un puro testimone cheè sempre presente e che continuerà ad esistere anche dopo la morte come dice la Brhadaranyaka-Upanisad, "tu non puoi vedere ciò che è il vedente della visione, non puoi udire ciò che è l'uditore dell'udito, non puoi pensare ciò che è il pensatore del pensiero, non puoi conoscere ciò che è il conoscitore della conoscenza. E' il tuo Sè (Atman) che dimora in ogni cosa. Tutto deve perire; tutto tranne il Sè... Esso è l'interiorità universale".

Interessante al riguardo è questa storiella riportata in un brano della Chandogya-upanisad si tratta di un dialodo tra padre e figlio:

"Portami quel frutto."

"Eccolo Signore."

"Ora dividilo a metà."

"L'ho tagliato."

"Che cosa vedi?"

"Tanti piccoli semi"

"Ebbene, ora dividi uno di quei semi a metà"

"l'ho diviso Signore"

"Che cosa vedi dentro?"

"Niente Signore"

"E' così: l'essenza sottile sfugge alla tua percezione, ma è grazie a essa che questo grande albero si innalza al cielo. Credimi, mio caro, questa sottile essenza anima tutte le cose, essa è la sola realtà, è l'Atman. E tu lo sei."