Ideeforza intervista il Dott. Andrea Boni Biografia
Andrea Boni nasce a Genova il 04 Giugno 1969. A
Genova consegue la Laurea in Ingegneria Elettronica ed il Dottorato di
Ricerca in Ingegneria Elettronica ed Informatica presso il Dipartimento
di Ingegneria Biofisica ed Elettronica dell'Università degli Studi
di Genova. Dal 2001 al 2007 opera come Ricercatore presso l'Università
degli Studi di Trento, dove insegna Elettronica dei Sistemi Digitali e
Sistemi Elettronici Adattivi. Nel 2002 inizia a collaborare con il Centro
Studi Bhaktivedanta (www.c-s-b.org) ed in particolare con Marco Ferrini,
Fondatore e Presidente, grazie ai cui insegnamenti approfondisce la Cultura
della Scienza Vedico-Vaishanava. Domanda: La fisica moderna dal 900 in poi è giunta alle stesse conclusioni degli antichi Rishi Vedici di circa 5000 anni fa. Cioè che la realtà non è altro che lo spettro di un mosaico vibrante e illusorio, (Maya) appunto. Secondo lei com'è stato possibile giungere ad una realizzazione così profonda della comprensione della realtà ascoltando soltanto la voce dell'interiorità? Andrea Boni: La voce dell'interiorità dice molto di più di quanto può dire la mera conoscenza ottenuta attraverso i sensi. Questo è uno dei primi insegnamenti dei Rishi Vedici, secondo cui la retta conoscenza (pramana) può essere ottenuta in tre modi distinti: attraverso la percezione sensoriale (pratyaksha), attraverso la deduzione (anumana) e attraverso una realizzazione interiore ottenuta sperimentando livelli di consapevolezza che vanno oltre il piano fenomenico (shabda Brahman). Sebbene tutti e tre corretti, solo l'ultimo permette l'ottenimento di una conoscenza vera, priva di errori. Ciò ha naturalmente a che fare con il livello di coscienza di colui che sperimenta. Il Centro Studi Bhaktivedanta (www.c-s-b.org), da anni opera proprio con l'obiettivo di far comprendere al vasto pubblico dell'Occidente questi importantissimi insegnamenti, i cui principi sono quanto mai attuali ed estremamente utili per potersi orientale in questa società. D: Ervin Laszlo, un famoso scienziato dell'est europeo (presidente del club di Budapest e più volte candidato al Nobel - tra l'altro residente in toscana -) sostiene che l'universo è collegato e tutto è in relazione continua tra le parti. Riscopre e prende in prestito dalla cosmologia Indù l'Akasha, un campo invisibile che tutto pervade, il luogo di nascita di tutte le cose. Può aiutarci a rendere più chiaro di cosa si tratta? Andrea Boni: Posso rispondere a questa domanda
citando letteralmente una conversazione che ho avuto con Marco Ferrini,
Fondatore e Presidente del Centro Studi Bhaktivedanta, con il quale ho
avuto modo di confrontarmi proprio su questo tema. Per chi è interessato
ad approfondire questo argomento può consultare il testo: Coscienza
e Origine dell'Universo di Marco Ferrini, pubblicato dal Centro Studi
Bhaktivedanta. L’elemento akasha descritto dall’antica filosofia Samkhya, probabilmente la più antica del genere umano, è tradotto variabilmente nelle lingue europee moderne con i termini di ‘spazio’ e di ‘vuoto’. Per le caratteristiche peculiari del vuoto quanto-meccanico potremmo utilizzare questa stessa definizione anche per il termine akasha della filosofia Samkhya, che indica un contenitore (composto di prakriti, materia, seppur sottile, essendo uno dei pancabhuta), per l’appunto “vuoto” avente la potenzialità-disponibilità massima di manifestare tutto ciò che diventa fenomeno (dall'etere infatti, secondo il Samkhya, derivano tutti gli altri bhuta, ovvero l'aria, il fuoco, l'acqua e la terra). L'elemento akasha, insieme a tutti gli altri elementi, sono di fatto energie del parampurusha, l'Essere che si situa ontologicamente al di là di materia, spazio e tempo. Si veda a tal riguardo Bhagavad Gita VII.4: “Terra, acqua, fuoco, aria,
etere, mente,
Quando si manifestano i fenomeni secondo il Samkhya? Quando nel vuoto o nello spazio si situa l’osservatore, il purusha. Qui varrebbe la pena di citare la famosa teoria, poi dimostrata ed accettata dalla scienza, del Principio di Indeterminazione di Heisenberg del 1928, secondo il quale un fenomeno non si può precisamente determinare in quanto l’osservatore - osservandolo - lo modifica; da qui appunto l'enunciazione del ‘Principio di Indeterminazione’. Similmente, nella filosofia e psicologia Samkhya si evidenza che quando il purusha - con la sua coscienza e capacità di osservazione - penetra nella prakriti o dimensione empirica, il primo impatto che questi ha è con lo spazio ed è nello spazio - nell'interazione con la coscienza - che si manifesta la materia con la sua specifica forma empirica, definita in termini moderni come massa, proprio come nel concetto del vuoto quanto-meccanico postulato dal dottor Corbucci o dall'”etere” di Todeschini. Il purusha si carica di massa, quindi manifesta il corpo materiale, a seguito dell’impatto con akasha (lo spazio, il vuoto). Che la massa si origini da questo spazio-vuoto nell'interazione con la coscienza dell'osservatore è ciò che postula anche la Fisica moderna; infatti, affinché le onde energetiche si trasformino in particelle subatomiche è necessario l’impatto con l’osservatore. Rimangono onde se non vengono osservate e diventano particelle, dunque si caricano di massa, quando invece sono osservate. Con il linguaggio della Fisica moderna il dottor Corbucci spiega che esse attingono massa dal vuoto quanto-meccanico; nella filosofia Samkhya si afferma che il purusha si riveste di materia (massa) nel suo impatto con la prakriti nella forma di akasha, ed è da questo impatto che si genera il Tempo. Quest'ultimo ha infatti influenza solo sulla massa, ma non sul purusha. Il purusha non è eterno perché dura tanto nel Tempo, bensì perché non ha niente a che fare con esso. Né con lo Spazio: il purusha è definito pura coscienza (cit), a-temporale e a-spaziale. Si veda a tal fine Bhagavad Gita II.12: “Mai ci fu un tempo in cui
non esistevamo, Secondo la filosofia Samkhya, quando la prakriti è allo stato non manifesto (a-vyakta) i guna, ovvero le sue energie strutturanti, sono come forze contrapposte che si annullano reciprocamente producendo una stasi. Quando invece la coscienza (purusha) osserva la prakriti, queste forze si attivano generando i fenomeni materiali e rimangono in moto fino a che non si produce lo stato di kaivalya, ovvero la liberazione del purusha dalla prakriti così come descritta negli Yoga-sutra di Patanjali. Kaivalya consiste nel processo attraverso il quale il purusha si libera dalla massa che ha sviluppato per tornare ad essere puro purusha, puro brahman o puro atman.
Andrea Boni: Questa è una domanda molto
complicata, che la scienza odierna sta cercando di comprendere. Personalmente
apprezzo molto il lavoro svolto da Stuart Hameroff. Studiando i lavori
di Hameroff, ho trovato in lui una sintesi accettabile dei meccanismi
che sottendono al fenomeno della coscienza e della sua manifestazione
nel mondo dei nomi e delle forme. In particolare è molto interessante
il lavoro che ha svolto insieme al famoso fisico Penrose, sfociato nella
teoria “OR” della coscienza di Penrose-Hameroff, che costituisce
un buon punto di partenza per spiegare come sia la coscienza a manifestare
la realtà del mondo fenomenico in generale, e i nostri pensieri,
sentimenti, emozioni, nello specifico. Questi studi sono ancora allo stato
embrionale, e sono concentrati sullo studio del neurone e dei microtubuli
in particolare, strutture cave simili a cannucce contenute all'interno
di ogni cellula nervosa. janma karma ca me divyam “Colui che conosce la natura trascendente della Mia apparizione e delle Mie attività [avendo raggiunto la purezza della mente], o Arjuna, non dovrà più nascere in questo mondo materiale quando avrà lasciato il corpo, ma raggiungerà la Mia eterna dimora” Bhagavad Gita IV.9. D: Come si pone l'antica tradizione Indovedica alle attuali problematiche etiche in materia di eutanasia o accanimento terapeutico? Per un soggetto è plausibile poter decidere preventivamente in un testamento biologico le modalità del trattamento del fine vita? Andrea Boni: Le problematiche legate alla bioetica
sono assai numerose e l'opinione pubblica è sempre più coinvolta
nella discussione delle tematiche ad essa connesse, anche a causa del
bombardamento mediatico cui è sottoposta dai mass-media. Si pensi
solo - per fare alcuni esempi - a questi aspetti: clonazione, utilizzo
delle cellule staminali, ingegneria genetica, procreazione assistita,
sperimentazione clinica dei farmaci, trapianti d'organo nell'uomo, IVG,
accanimento terapeutico, eutanasia, problematiche ambientali da compromissione
dell'equilibrio biologico, screening generalizzato, etc. I recenti avvenimenti
che hanno coinvolto l'opinione pubblica in termini di Bioetica hanno evidenziato
la necessità di una profonda riflessione circa la modalità
con cui il progresso tecnologico interviene nel modificare il corso naturale
degli eventi del vivere umano. Aspetti che sembravano assolutamente naturali
non lo sono più a seguito delle innovazioni portate da nuovi ritrovati
della tecnica. Si pone quindi il problema di dover affrontare scelte etiche
molto delicate che, non potendo essere state codificate in precedenza
in termini costituzionali, devono essere rielaborate con sensibilità
ed intelligenza. In questo processo la Scienza e la Politica da sole non
possono fornire risposte a quesiti di elevato contenuto morale, bensì
occorre necessariamente attingere ai principi derivanti da tradizioni
in cui lo studio e l'applicazione dei valori etici e morali è stato
posto come fondamento del vivere umano. Mamaivamsho jiva-loke “Gli esseri viventi, in questo mondo materiale,
sono miei frammenti eterni, ma essendo condizionati lottano duramente
con i sei sensi, tra cui la mente.” (Bhagavad Gita XV.7) Na jayate mriyate va kadacin “Per l'anima non vi è nascita né morte. La sua esistenza non ha avuto inizio nel passato, non ha inizio nel presente e non avrà inizio nel futuro. Essa non nata, eterna, sempre esistente e primordiale. Non muore quando il corpo muore.” (Bhagavad Gita II.20) La natura materiale viene allora vista come strumento di liberazione, non demonizzata, ma anzi prezioso aiuto per superare i condizionamenti indotti da una falsa identificazione con corpo e psiche. Daivi hy esha guna-mayi “Questa mia energia divina [la materia], costituita dalle tre influenze della natura materiale, è difficile da superare, ma coloro che si abbandonano a Me ne superano facilmente i confini”. (Bhagavad Gita VII.14) Questi sono i principi base, le premesse, che occorre avere ben chiari quando si affrontano i temi delicati che sorgono nella società di oggi in chiave bioetica. Senza di essi qualsiasi discussione sarà affrontata solo superficialmente, e non si potranno avere contribuiti oggettivi, ma solo vaghe speculazioni che saranno interpretate soggettivamente. Detto questo, personalmente sono favorevole all'istituzione di un documento in cui il singolo definisce la sua volontà circa la modalità con cui desidera che venga trattato il suo corpo qualora venisse meno la sua consapevolezza cosciente. Ciò è senza dubbio indice di civiltà, ma come sopra ribadito, una tale decisione può essere pienamente compresa e contestualizzata solo con le premesse citate.
Ringraziando il Dott. Andrea Boni per la sua gentile disponibilità, invitiamo tutti i cybernauti a visitare i seguenti link: http://psicologiaespiritualita.blogspot.com/ http://scienzaespiritualita.blogspot.com/
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